Francesco Trivieri, Tassazione indiretta del trust, tra incertezze applicative e prospettive di rimborso

Autore: Francesco Trivieri

Come già annunciato, l’Agenzia delle Entrate, in data 11 agosto 2021, ha reso disponibile in consultazione pubblica una bozza di Circolare sulla disciplina fiscale del trust, essenzialmente intesa a rimuovere (come vedremo, per il momento soltanto) alcuni dei dubbi interpretativi generati dalla (tormentata) evoluzione dell’istituto, soprattutto per quanto attiene al tributo donativo, in seno alla giurisprudenza di legittimità e successivamente alla stessa prassi finanziaria.

In estrema sintesi, e come precisato nella bozza di Circolare, con una “svolta copernicana”, si è passati dall’affermare che “l’atto dispositivo, con cui il disponente … vincola i beni in trust, è soggetto ad imposta sulle successioni e donazioni” (imposizione c.d. “in entrata”), al ritenere, nel solco tracciato dalla Cassazione (cfr., tra le tante, Ordinanze nn. 24153 e 24154 del 2020), che “il conferimento di beni e diritti in trust non integra di per sé un trasferimento imponibile”. Stando alla nuova impostazione, infatti, ritenuta dalla stessa Amministrazione finanziaria “non … suscettibile di ulteriore revisione”, affinché “il presupposto impositivo dell’imposta sulle successioni e donazioni” possa dirsi realizzato, “è necessario ... un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale”. Ciò che accade soltanto all’atto “di eventuale attribuzione del bene al beneficiario, a compimento e realizzazione del trust medesimo” (c.d. imposizione “in uscita”).

Tanto premesso, vi sono alcuni punti della bozza di Circolare che meritano un approfondimento.

Così, ad esempio, si legge che, “ai fini della determinazione delle aliquote, nonché delle relative franchigie, … occorre far riferimento al rapporto di parentela intercorrente tra il disponente e il beneficiario”, lasciando, tuttavia, incerto il momento cui riferire tale indagine, e cioè se all’atto dell’ingresso dei beni nel trust (che però, si è detto, non integra alcun presupposto impositivo) oppure allorquando si verifichi, per effetto delle attribuzioni (eventuali) da parte del trustee, l’arricchimento effettivo dei beneficiari.

La risposta, implicita, sembra peraltro emergere dai successivi passaggi della bozza di Circolare.

Ed infatti, più avanti, si sostiene che “l’eventuale spettanza di esenzioni e/o agevolazioni”, come ad esempio quelle intese a favorire il “passaggio generazionale” delle aziende e delle partecipazioni (cfr. art. 3, comma 4-ter, del “Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni”, in relazione al quale si veda il commento alla Risposta ad interpello n. 552 del 25.8.2021, “sarà valutata al momento dell’atto di attribuzione dei beni sulla base della presenza dei relativi presupposti”.

Particolarmente significativo, inoltre, è l’inciso, contenuto nella bozza di Circolare, secondo cui “il valore dei beni” sulla cui base calcolare l’imposta sulle successioni e donazioni “dovrà essere determinato … con riferimento alla data dell’atto con il quale viene effettuato il trasferimento”.

Ebbene, il riferimento al “momento dell’atto di attribuzione”, ai fini dell’individuazione delle aliquote applicabili e del valore dei beni, ovvero della sussistenza o meno dell’esenzione di cui all’art. 3, comma 4-ter, cit., schiude interessanti prospettive di rimborso per quanti, confidando sulla correttezza dei precedenti orientamenti di prassi e della giurisprudenza di legittimità, o anche semplicemente paventando possibili contestazioni, abbiano già versato il tributo indiretto all’atto della costituzione del vincolo, in misura superiore a quella che, per effetto di eventi successivi, si è resa (o verosimilmente si renderà) effettivamente dovuta.

Si pensi al caso paradigmatico di un immobile conferito in un trust che abbia subito, nel periodo intercorrente tra l’atto di dotazione e l’attribuzione al beneficiario finale, una consistente svalutazione.

Ancora, si consideri l’ipotesi in cui, sempre nell’intervallo compreso tra la costituzione del vincolo e l’atto di attribuzione, il beneficiario di un trust di partecipazioni contragga matrimonio con il disponente.

Il termine di decadenza per richiedere all’Amministrazione finanziaria il rimborso di quanto indebitamente versato a titolo di imposta sulle donazioni è fissato in “tre anni dal giorno del pagamento o, se posteriore, da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione” (cfr. art. 42 del relativo “Testo Unico”).

In assenza (per il momento) di chiarimenti ufficiali al riguardo, e considerato che, indipendentemente dalle possibili sopravvenienze di cui si è brevemente detto, nessun obbligo di versamento poteva dirsi sussistente – già in base alla normativa vigente, immutata negli anni – all’atto della dotazione del trust, è raccomandabile attivarsi fin d’ora per ottenere il rimborso dell’intera somma versata, mediante la presentazione di apposita istanza. Ciò al fine di evitare – laddove si attendesse il momento dell’attribuzione finale, in ipotesi successivo al termine di “tre anni dal giorno del pagamento”, poc’anzi rammentato – eccezioni di decadenza da parte dell’Agenzia delle Entrate.


Francesco Trivieri, Trust di partecipazioni, passaggio generazionale ed esenzione dal tributo successorio o donativo

Autore: Francesco Trivieri

La circolazione di “aziende o rami di esse”, nonché – e per quanto qui interessa – di “partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo” societario, è sottoposta ad un regime di favore allorquando si tratti di “trasferimenti ... a favore dei discendenti e del coniuge” (cfr. art. 3, comma 4-ter, del “Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni” n. 346/1990). Ciò al fine di favorirne il “passaggio generazionale”.

Anche la costituzione di un trust, come chiarito dalla prassi finanziaria, può consentire il trasferimento di partecipazioni in esenzione dal tributo successorio o donativo.

Occorre, tuttavia, guardare con attenzione ai casi – sempre più ricorrenti, anche in considerazione del favor che lo stesso ordinamento tributario vi accorda, sia pure nel diverso comparto delle imposte dirette (cfr., tra gli altri, l’art. 177, comma 2-bis, del relativo Testo Unico, su cui torneremo) – in cui la Società, cui le partecipazioni da trasferire si riferiscono, costituisca una holding. In queste ipotesi, infatti, l’Amministrazione finanziaria, con un (discutibile) approccio “look through”, limita il beneficio ai soli trasferimenti di partecipazioni che, indirettamente, e cioè tenendo conto del c.d. “effetto demoltiplicativo” dell’intera catena partecipativa, consentano di “controllare”, ai sensi dell’art. 2359, primo comma, n. 1), cod. civ., una o più Società “operative”, e dunque di disporre della maggioranza dei voti nelle relative assemblee.

Esemplificando, non integrerebbe il presupposto oggettivo dell’esenzione in commento il trasferimento di una partecipazione di controllo di una holding che, a sua volta, detenga il 25% del capitale sociale di una operativa. Stando all’Agenzia delle Entrate, infatti, “in assenza di una ‘azienda’, l’applicazione dell’agevolazione de qua violerebbe la ratio della disposizione medesima”, quella cioè di consentire “al beneficiario … di continuare a detenere, seppur indirettamente, il controllo dell’azienda familiare” (cit. Risposta ad interpello n. 552 del 25.8.2021, su cui si veda questo articolo).

La Cassazione, al riguardo, non ha ancora avuto occasione di pronunciarsi. Né sembrano sufficientemente eloquenti, per intuirne i possibili orientamenti, due recenti decisioni, in cui i Giudici di legittimità hanno individuato l’oggetto del “patto di famiglia” per il trasferimento di quote societarie in quella “partecipazione che consenta (anche solo potenzialmente) al cessionario di continuare ad esercitare nell’azienda quel potere gestionale già presente in capo al cedente o, comunque, di influire sule scelte gestionali della società” (Cass., Sez. Tributaria, nn. 6591/2021 e 7429/2021). Si tratta di un inciso che, nella sua vaghezza, in quanto inteso a risolvere altro ordine di questioni, lascia inevaso il problema che qui ci occupa.

È, invero, auspicabile che, investiti al riguardo, i Giudici Supremi pervengano a conclusioni opposte rispetto a quelle formulate dall’Amministrazione finanziaria nella Risposta ad interpello n. 552/2021.

La posizione ivi espressa, infatti, non meglio argomentata, se non attraverso un richiamo, non del tutto pertinente, alla Sentenza della Corte Costituzionale del 23 giugno 2020, n. 120, sembra alimentare un (anacronistico) atteggiamento di sospetto verso le Società di partecipazioni, che, come anticipato, e salve le ipotesi di abuso, lo stesso ordinamento tributario ha da tempo (e giustamente) contribuito a mettere in crisi. Emblematico, in tal senso, è il principio, codificato dall’art. 177, comma 2-bis, del “Testo Unico delle imposte sui redditi”, secondo cui, a determinate condizioni, anche la holding che detenga partecipazioni non di “controllo” in Società “operative” può formare oggetto di operazioni straordinarie di riorganizzazione aziendale in regime di neutralità indotta.

È, dunque, il caso di domandarsi se, in assenza di un’espressa limitazione legislativa, la ratio dell’art. 3, comma 4-ter, cit. non debba oggi più correttamente ravvisarsi, in accordo con la sua formulazione, ed in continuità – anche in un’ottica evolutiva – con le scelte fiscali che traspaiono dagli altri comparti del diritto tributario, nella tutela dell'integrità (non soltanto delle aziende, ma) anche delle holding familiari. E ciò nella considerazione, da un lato, delle “valide ragioni economiche” che, al riparo da ogni contestazione antielusiva (cfr. art. 10-bis dello Statuto del Contribuente), possono giustificare la costituzione di un “veicolo societario”, quand’anche per la gestione di partecipazioni che non siano di “controllo”, e, dall’altro, dell'interesse del disponente, apprezzabile anche sul piano costituzionale, a salvaguardare il frutto del proprio lavoro, scegliendo le persone che continueranno l’attività da lui esercitata ed evitando liti ereditarie e/o lo smembramento di partecipazioni societarie.

 

Leggi l’intervista a Carlo Cicala su “la Repubblica Economia”


Carlo Cicala e Vincenzo Papi, Trust successorio di partecipazioni, passaggio generazionale e tutela della legittima

Autori: Carlo Cicala e Vincenzo Papi

È frequente l’uso del trust di partecipazioni, da parte degli imprenditori, per pianificare il passaggio generazionale dell’azienda (leggi qui la notizia sull’istituzione del “Trust di Dallara”). Vediamo come il trust può essere conciliato con la tutela della legittima.

Testamento, donazione, patto di famiglia e trust: le differenze spiegate in questo video:

https://youtu.be/sam0Tmkd0aU

Ricordiamo che il trasferimento di una partecipazione che assicuri l’effettivo controllo dell’azienda in favore dei discendenti è esente dall’imposta proporzionale. Si tratta di una agevolazione tributaria specificamente prevista per il passaggio generazionale dell'azienda.

Può però accadere che l’imprenditore, in presenza di più discendenti, scelga soltanto alcuni di essi per il proseguimento dell’azienda ed escluda gli altri. In questo caso, c’è il rischio che, al momento dell’apertura della successione, i discendenti esclusi promuovano una lite ereditaria. Una lite  che può durare molti anni e che rischia di compromettere il futuro dell’azienda.

Il problema non si pone se, dal punto di vista quantitativo, tutti ricevono quanto è a loro riservato dalla legge (anche chiamato “quota di legittima”).

Ma nel nostro ordinamento, per determinare la quota che spetta ai legittimari, bisogna fare riferimento al valore che i beni trasferiti avevano al momento dell’apertura della successione (cioè della morte).

Può quindi accadere che qualsiasi trasferimento fatto in vita a titolo gratuito (fatto attraverso una donazione, un patto di famiglia o un conferimento in trust) venga messo in discussione al momento della morte. Si pensi ad una partecipazione sociale, trasferita in vita, che, a distanza di qualche decennio, ha triplicato il proprio valore.

Per risolvere il problema si può fare ricorso al patto di famiglia oppure alla flessibilità operativa del trust. L’atto istitutivo del trust può, infatti, prevedere che il trustee abbia il compito di soddisfare coloro che hanno diritto alla quota di legittima, tenendo conto del valore dei beni (conferiti precedentemente nel trust) determinato al tempo dell’apertura della successione. In questo caso, quindi, chi ha diritto alla legittima non avrà alcun interesse a promuovere un giudizio (e non avrà diritto a promuoverlo per mancanza di interesse ad agire) in quanto le sue ragioni verranno soddisfatte dal trustee.

Lo schema del trust successorio, istituito quando il disponente è ancora in vita, e destinato a produrre effetti anche (ma non solo) dopo la sua morte, è stato ritenuto compatibile con il nostro ordinamento dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, tanto che – con le dovute accortezze – può essere utilizzato anche per favorire il passaggio generazionale dell’azienda.


Carlo Cicala. Giurisprudenza ed Amministrazione come fonte del diritto. La tassazione dei trust.

Intervento di Carlo Cicala sul tema “Giurisprudenza ed Amministrazione come fonte del diritto. La tassazione dei trust.” all’Incontro di Studio sulla Riforma della Giustizia Tributaria, sulla Riforma Fiscale e sulla Riforma del Catasto; del 12-13 Novembre 2021 presso la Villa del Poggio Imperiale a Firenze

https://youtu.be/Ab6dj4IEFC8?si=mnjHtxa4aVghVQ7C


Presentazione del libro di Carlo Cicala “Il trust di partecipazioni societarie”

Il 28 ottobre 2021 si è tenuta la presentazione del libro “Il trust di partecipazioni societarie” a Roma, presso il Circolo Antico Tiro a Volo.

Dott. Giuseppe DI SALVO

Avv. Sergio SANTORO

Avv. Lucio GHIA


Solo il trasferimento di una partecipazione che assicuri l’effettivo controllo dell’azienda di famiglia è esente da imposta

I trasferimenti a titolo gratuito di partecipazioni societarie in favore dei discendenti sono esenti da imposta (lo prevede l’art. 3, comma 4-ter, del "Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni", a condizione che si tratti di una partecipazione di “controllo” e che il beneficiario si impegni a mantenere (e poi effettivamente mantenga) il controllo della società per cinque anni.

Questa esenzione si applica anche al trasferimento di partecipazioni societarie che avvenga attraverso il trust.

Con la Risposta ad interpello n. 552 del 25.8.2021, l’Agenzia delle Entrate ha fissato, in via di prassi, un requisito non previsto (almeno espressamente) dalla norma. Ha sostenuto, cioè, che la partecipazione trasferita deve assicurare l’effettivo controllo di un’azienda e non si applica, ad esempio, nel caso in cui l’imprenditore trasferisca al discendente la partecipazione di controllo di una holding, la quale a sua volta detenga una quota minoritaria di una società operativa.

È interessante, a questo punto, domandarsi se questa operazione interpretativa dell’Agenzia, che per riconoscere un’agevolazione richiede qualcosa di più di quanto non preveda (testualmente) la legge, reggerà o meno al vaglio della giurisprudenza. Leggi l'approfondimento di Francesco Trivieri.

Leggi l’intervista a Carlo Cicala su “la Repubblica Economia”


Il conferimento di beni in trust non è soggetto ad imposta proporzionale

Nella bozza di Circolare disponibile per la consultazione pubblica, l’Agenzia delle Entrate, accogliendo l’orientamento della Cassazione, stabilisce che il conferimento del bene nel trust non è soggetto ad imposta proporzionale. Infatti, solo “gli atti con cui vengono attribuiti ovvero devoluti, i beni vincolati in trust ai beneficiari realizzano il presupposto impositivo dell’imposta sulle successioni e donazioni”.

Già con la Risposta ad Interpello n. 106/2021 l’Amministrazione Finanziaria aveva recepito la tesi della Cassazione, secondo cui solo l’attribuzione al beneficiario, che deve essere un soggetto diverso dal disponente, è soggetta ad imposta sulle successioni e donazioni, con conseguente differimento della tassazione ad un momento successivo rispetto alla costituzione del vincolo ed alla dotazione del trust.

Si tratta di un'importante novità, perché in precedenza (a partire dalla Circolare n. 48/E del 2007), l’Agenzia delle Entrate aveva sempre disatteso l’orientamento della Cassazione, applicando l’imposta al momento del conferimento del bene in trust.


È uscito il libro di Carlo Cicala sul Trust di partecipazioni societarie

“Un lavoro (…) che riesce a distaccarsi, meritoriamente, dalle numerose trattazioni sul trust, per un approccio metodologico originale, andando dritto al cuore delle questioni giuridiche rilevanti per gli operatori, in questo modo rivelandosi utilissimo, nonché lineare, nell’esposizione di una materia senza dubbio complessa (e spesso anche ostica), che l’Autore è riuscito tuttavia a rendere chiara e avvincente per il lettore”

Giuseppe Di Salvo
Presidente del Tribunale delle Imprese di Roma

 


Trust di partecipazioni autodichiarato: non si applica l’imposta sulle donazioni al momento della dotazione del fondo

La Cassazione conferma: Il conferimento in trust con comporta un trasferimento di ricchezza

La Cassazione (cfr. Ordinanza n. 3986/2021) ribadisce che il conferimento delle partecipazioni societarie nel trust non è soggetto all’imposta proporzionale sulle donazioni.

Nel caso in questione, il disponente aveva conferito in trust le quote di una S.r.l., nominando sé stesso come trustee (trust autodichiarato) e riservandosi di nominare i beneficiari.

La decisione si fonda sul principio, oramai consolidato nell’orientamento della Cassazione, secondo il quale il conferimento di un bene (nella specie, partecipazioni societarie) nel fondo in trust non costituisce presupposto per l’applicazione dell’imposta proporzionale, che verrà applicata solo al momento (eventuale) del trasferimento delle partecipazioni ai beneficiari.

Questa tesi, a lungo disattesa dall’Agenzia delle Entrate, è stata infine recepita anche dalla prassi finanziaria. Si vedano la Risposta ad interpello n. 106/2021 e, soprattutto, la bozza di Circolare diffusa nell'Agosto 2021.